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Marzo 5, 2018 0

Hai mai sentito parlare di FabLab?

Vi raccontiamo la storia di The FabLab, Make it real

La parola Fab Lab deriva dalla lingua inglese, prende il nome da “fabrication laboratory” e definisce appunto un’officina che offre servizi personalizzati di fabbricazione digitale su piccola scala. Il FabLab è uno spazio attrezzato all’interno del quale gli utenti imparano a progettare e fabbricare oggetti personalizzati e/o realizzano quelli creati da altri utenti in completa autonomia, grazie all’uso di strumenti semplici quali le stampanti 3D, frese a controllo numerico, laser cutter, macchine per il taglio vinilico, postazione di saldatura e lavorazioni elettroniche. Gli strumenti utilizzati per la fabbricazione digitale sono caratterizzati dalla facilità di utilizzo e dal costo relativamente contenuto.

L’ideatore del Fab Lab è Neil Gershenfeldaccademico statunitense, docente presso il Massachusetts Institute of Technology e direttore del Center for Bits and Atoms, iniziativa interdisciplinare che esplora il confine tra l’informatica e la scienza fisica. Il CBA (center for bits and Atoms) e la FabFoundation hanno definito le condizioni affinchè un FabLab possa essere definito tale:

  • L’accesso al laboratorio può essere gratuito o a pagamento, ma deve essere pubblico almeno per una parte della settimana;
  • Il laboratorio deve sottoscrivere e mostrare il manifesto dei FabLab;
  • Il laboratorio deve condividere strumenti e processi creativi con tutta la rete dei FabLab;
  • Il laboratorio deve essere parte attiva del network globale dei FabLab

Il FabLab si inserisce nel contesto di un’economia collaborativa, definita da Rachel Botsman, un sistema economico che sblocca il valore dei beni sottoutilizzati attraverso i mercati e le reti in modo che consentano una maggiore efficienza di accesso. Alla base dei FabLabs ci sono comunità in cui sono offerti servizi di condivisione, infatti, l’economia collaborativa consiste nelle iniziative basate sui network orizzontali e sulla partecipazione di comunità. Quest’ultime si incontrano e interagiscono online tramite network e piattaforme “peer-to-peer”, ma anche in spazi fisici condivisi come fablabs e coworking. L’economista continua affermando che si tratta di una reinvenzione di comportamenti tradizionali di mercato – affittare, prestare, scambiare, condividere, barattare, donare – attraverso la tecnologia, che si verificano in modi e su scale non possibili prima dell’era di Internet. Appunto una vera e propria rivoluzione del concetto stesso di proprietà.

The FabLab, è stato fondato da Massimo Temporelli, Francesco Colorni e Bernardo Gamucci nel 2014, è un laboratorio di fabbricazione digitale che si rivolge a professionisti e aziende per prototipare, costruire e produrre (quasi) qualsiasi cosa sfruttando un mix di tecnologie digitali come stampanti 3D, frese CNC, robot, lasercutter e Arduino. Ogni passaggio del processo produttivo è seguito con grande cura alla ricerca di un perfetto equilibrio tra estetica e tecnologia, tra design e innovazione.

All’interno del laboratorio si trovano designer, tecnici e straordinarie tecnologie digitali e permette sia di sfruttare hardware sia di attingere ad un know-how condiviso dalla community o apprendere nozioni e competenze grazie al gran numero di corsi di formazione organizzati per coloro che vogliono “mettere mano” a questa piccola realtà tecnologica.

La volontà del the FabLab è quello di stimolare una crescita del potenziale creativo e favorire nuove sinergie tali da creare sia opportunità di sviluppo che di occupazione, attivando collegamenti con università, accademie e realtà produttive attive sul territorio.

The FabLab crede fortemente che la democratizzazione dell’innovazione sia in grado di generare e diffondere buona cultura, opportunità e ottimismo, elementi che possono incidere positivamente sul miglioramento delle condizioni della società in cui viviamo.

Alcuni dei progetti più interessanti realizzati dal laboratorio sono:

Ector The Protector Bear; grazie alla collaborazione con la casa farmaceutica Roche e l’agenzia di comunicazione IntegerTBWA il laboratorio ha studiato e sviluppato un sensore contro il fumo passivo da incorporare all’interno di un peluche. Il progetto è stato ideato per proteggere i bambini dal fumo passivo, infatti nel momento in cui il sensore avverte il fumo, il peluche inizia a tossire scoraggiando coloro che fumano accanto ai bambini e educando quest’ultimi a tenersi lontano dalle minacce del fumo;

Smart Object: Joule 4.0; con l’azienda di monitoraggio dei consumi Alkemy Lab e la sua startup BtoC, The FabLab ha progettato e realizzato uno smart object colmo di elettronica e sensori, capace di dialogare (via IoT) con un data base di dati raccolti per salvaguardare l’ambiente e per risparmiare in bolletta.

Parabrezza interattivo; il laboratorio in collaborazione con Leo Burnet, per Samsung e Yahama ha sviluppato e prodotto un parabrezza interattivo che dialoga con lo smartphone per un’esperienza di guida integrata.

Umarell stampato 3d; l’idea di Umarell, il famoso vecchietto da cantiere da tenere sulla scrivania, stampato in 3d è nata poco prima dell’estate, grazie ad un articolo scritto sul DailyBest con il titolo “L’umarell che ti guarda lavorare è il regalo di Natale definitivo”, da qui si è scatenato un uragano mediatico. Tutto ciò è iniziato per caso, quando Bernardo Gamucci lavorando ad un progetto di architettura iniziò a stampare omini per il corredo di un plastico, riempiendo la sua scrivania di tanti piccoli omini stampati in 3D. Da lì è scattata la scintilla; “quanto migliorerebbe la nostra produttività se ci fosse qualcuno ad osservarci tutto il giorno?”. Da semplice laboratorio si è trasformato in una fabbrica, l’umarellificio per poter reagire alle tante richieste sotto il periodo natalizio.

Ma perché non conoscere il team di The FabLab direttamente al Pranzo della community di YoRoom? Mercoledì 7 Marzo alle 13:00, non mancare!

 

 

 

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