E l’evento “esterno”, ricolto a un pubblico magari di appassionati?
«Ci stiamo preparando e in futuro dovremmo aprirci in tal senso. Potremmo iniziare con la musica, potendo contrare sull’esperienza e sui contatti del mio socio Alberto Rosati. Non si può però negare che in Italia, e non si tratta certo dell’unico esempio, si viaggi con qualche anno di ritardo. Simili operazioni all’estero, non solo negli Strati Uniti, sono già di attualità».
Una curiosità, che forse potrebbe essere invece un elemento fondamentale: l’evento in streaming ha una durata consigliata?
«Certo: non dovrebbe andare oltre l’ora e mezzo. In caso contrario dovrebbe essere splittato in più giornate. E questo anche se i temi essere pregnanti e lo spettacolo memorabile. Il livello di attenzione di fronte a uno schermo, nel chiuso della propria casa, è minimo rispetto a un’esperienza live che ci vede partecipi in un luogo esterno, contornati da altre persone».
Quindi occorre essere più creativi per operare in rete?
«Assolutamente sì. Occorre creare situazioni che non invoglino a disconnettersi, a distrarsi. Occorre offrire un altro grado di emozionalità per evitare i possibili stacchi».
Quali sono i vostri obiettivi?
«Avere la possibilità di creare progetti di grande qualità, che implichino grandi skills creative. Al momento, un evento corposo comporta un mese e più di lavoro e noi riusciamo a farne 2-3 per volta. Volgiamo diventare ancora più performanti e offrire emozioni».