Giugno 9, 2020 | 0 |
Tratto da YouGov.com (05/06/2020).
Nei mesi appena trascorsi si è riflettuto molto se, e in quale misura, gli sconvolgimenti e riadattamenti della vita quotidiana resi necessari dalle misure di distanziamento sociale diventeranno permanenti e parte del nuovo riassetto della “società post-Covid”. Tra questi lo smartworking, che per mesi è stato l’unica versione di lavoro “non indispensabile” consentita in Italia e nella maggior parte degli stati colpiti dalla pandemia.
L’ampiezza di un eventuale cambiamento è però relativa alla situazione antecedente alla crisi, e in Italia, il margine è ampio: prima del lockdown, soltanto il 19% dei lavoratori dipendenti lavorava regolarmente (una o più volte a settimana) in modalità remota. 6 su 10, invece, non usufruivano mai dello smartworking.
Il motivo principale (64%) è che l’azienda non consentiva di farlo, o lo permetteva occasionalmente. Per pochi invece si trattava di una scelta personale: 2 su 10 preferiva lavorare in ufficio.
Dopo un periodo di sperimentazione forzata in cui tutti hanno avuto modo di sperimentare l’alternativa alla sede lavorativa fissa, ci si chiede se il cambiamento sia destinato a durare.
Se il 15% rinuncerebbe completamente allo smartworking a favore di un ritorno ad una giornata lavorativa tradizionale sul posto di lavoro, oltre un terzo (33%) sceglierebbe l’opzione intermedia, cioè continuare ad avere un ufficio come base fissa, ma lavorare da remoto regolarmente (ad es. più volte a settimana). Infatti, come già detto, prima del lockdown era il 19% a lavorare in questa modalità.
Infine, una parte consistente di lavoratori è più favorevole al “lavoro agile”: il 6% eliminerebbe completamente l’ufficio, mentre il 19% lo utilizzerebbe saltuariamente in caso di necessità.
Un indubbio vantaggio dell’usare la propria dimora come posto di lavoro è il migliore rapporto tra il tempo dedicato alla vita personale ed a quella lavorativa (52%). Ma, allo stesso tempo un numero consistente di persone lamenta la scarsa separazione tra questi due ambiti della propria vita (64%), tanto da metterlo al secondo posto tra gli svantaggi dello smartworking.
É anche identica (37%) la percentuale di persone che pensa che tra i benefici del lavoro da casa ci sia un aumento della produttività, e chi invece ritiene che le distrazioni siano maggiori lontani dall’ufficio.
La riduzione della socialità, sia a scopi lavorativi che “ricreativi”, è tra i più grossi contro: per il 64% delle persone, lo smartworking riduce la qualità della comunicazione con i colleghi. Mentre il 67% non apprezza l’inevitabile mancanza di ritagli di tempo dedicati alla socializzazione faccia a faccia.
Anche gli aspetti pratici presentano alcune contraddizioni: se il primo vantaggio del non doversi muovere è l’ovvia riduzione dei costi necessari agli spostamenti casa-lavoro (67%). Invece, aumentano i costi dovuti ai consumi come l’elettricità ed internet (54%) di cui altrimenti si farebbe carico la propria azienda.
Metodologia
Il sondaggio è stato effettuato online, su un panel proprietario di YouGov. I dati sono ponderati per essere rappresentativi della popolazione adulta italiana. Interviste condotte il 28 maggio 2020 su un campione di 1003 persone rappresentative della popolazione italiana (18+).